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Avatar di Alice Orrù

Continuo a pensare a una delle interviste che hai pubblicato nello scorso numero della newsletter, a quel signore cubano arrivato di recente che - dice - se avesse potuto avrebbe votato per Trump visto che la sua situazione migratoria ormai è ok. Che pugno nello stomaco. Eppure è un grande testimone dei tempi che viviamo, dominati dal severo e atroce individualismo, dalla corsa alla sopravvivenza individuale e da risposte politiche estreme che arrivano di conseguenza.

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Avatar di Federico Rigamonti

Per prima cosa: grazie di questo pezzo come degli altri che hai scritto in questi ultimi giorni, a partire dagli incontri che hai fatto nei due Panhandles, e complimenti per la tua capacità di integrare queste esperienze in una lettura più ampia della realtà in cui vivi.

Aldilà delle belle parole, che dire? Il quadro è tutt'altro che rassicurante. In primo luogo per l'individualismo in cui la proposta di capri espiatori convince tante persone, soprattutto chi vive ai margini (mi sono chiesto, in questi giorni: quante volte Reicel ha dovuto spiegare di essere un migrante regolare, da quando è arrivato negli Stati Uniti? E quanto questo può averlo spinto alla sua posizione politica attuale?). Ma anche per tutto il "this is not America, they are not America" di cui scrivi. Che non è soltanto un'illusione, non è soltanto una falsità macroscopica, ma è soprattutto la trave che impedisce di vedere bene, per rifarmi al Vangelo. Ti auguro di riuscire a fare qualcosa al riguardo: magari iniziando con il tuo ragazzo e i due amici con cui avete vissuto la notte elettorale, e che poi a poco a poco questo atteggiamento stupido possa essere superato. Ci vorrà tempo, ma... in bocca al lupo!

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