Una riflessione sulla necessità di creare spazi fuori dai social per l'espressione di una pluralità di voci nel dibattito politico, sociale e culturale
Questo pezzo apre tantissime questioni di cui sarebbe bello parlare insieme, magari a voce, ma comunque unite (e di sicuro non su una diretta social 😅).
Condivido la frustrazione di fronte ai meccanismi dell'industria culturale. Proprio l'altro giorno ho sentito parlare una persona che lavora come ghostwriter e sono rimasta sbalordita nel sapere che certi romanzi scritti da influencer non sono farina del loro sacco. Lo so, forse sono molto ingenua, ma pensavo che il fenomeno si limitasse alle biografie, non anche ai lavori di creatività narrativa. 🙈
Detto questo, non ho al momento risposte su alternative agli spazi social che riescano anche a essere accessibili allo stesso modo - perché anche di questo bisogna parlare: l'importanza delle piattaforme nel mettere a disposizione spazi di conversazione accessibili, usabili anche da chi magari ha difficoltà a spostarsi in spazi collettivi fuori dagli schermi.
Il picco di consapevolezza e voci che si sta (ri)alzando in questo periodo mi accende una piccola fiammella di speranza, prima o poi ci sarà modo di far scoppiare questa bolla? Ci voglio credere.
Esatto, per me la parola "consapevolezza" è chiave. Non solo per le addette ai lavori, ma anche per chi consuma. Non sei assolutamente ingenua: anche io recentemente parlavo di ghostwriting con la editor con cui lavoro a un progetto (che fa anche la ghostwriter), e ho avuto la stessa reazione quando mi ha detto che anche tanti romanzi sono frutto di ghostwriting.
Se si riuscisse a creare più consapevolezza in chi consuma cultura - spesso persone che hanno a cuore la giustizia sociale, per usare un'espressione generica - delle logiche sottese al mercato, forse si riuscirebbe a portare la loro attenzione anche verso altri spazi più naturalmente dedicati allo sviluppo di certe espressioni del pensiero. Sottolineo "anche": non deve essere un gioco a somma zero con vincitori e vinti, ma un panorama in cui talento, vocazione e capacità sono allocate in maniera più "giusta".
E concordo: sarebbe bellissimo parlarne insieme!!!
Mi piace molto questa nuova piattaforma: dà più spazio e respiro per riflettere. L’articolo tocca molti punti interessanti e stimola una riflessione più ampia sui cambiamenti della società. In particolare, parlando di editoria (da fruitore), mi sono chiesta se i canali social delle case editrici siano gestiti da esperti in grado di valorizzare voci emergenti.
E se lo sono, cosa non funziona?
So che è difficile generalizzare, ma mi piacerebbe approfondire. Probabilmente una via di mezzo sarebbe una buona alternativa.
La decadenza, in un certo senso, riguarda un po’ tutti, persino gli intellettuali, che secondo me dovrebbero essere i primi a immaginare il futuro. Eppure, faticano a mettere in discussione le proprie idee e ad aprirsi al dibattito. Senza contare che, in alcuni contesti, il dibattito con i neoliberista (o fascisti) è complesso perchè tendono a giocare sporco, ignorando le regole del confronto.
Forse le mie idee appaiono un po’ confuse, ma credo che, nel nostro piccolo, dovremmo tutti assumerci la responsabilità delle nostre scelte, sia quando leggiamo un libro sia quando seguiamo giornalisti o altri contenuti sui vari canali. :)
Fa ridere che proprio ieri sera mi sono imbattuta nella quote “il capitalista ti venderebbe la corda con cui lo impiccherai” e il tuo incipit me l’ha fatta venire in mente.
Ciao ciao e buona giornata
Elisa
---
Spero che questa versione sia più piacevole da leggere! Fammi sapere se vuoi altri aggiustamenti. 😊
"Credo che, nel nostro piccolo, dovremmo tutti assumerci la responsabilità delle nostre scelte": proprio così!!! E perché possiamo tutti prendere scelte più responsabili, bisogna creare consapevolezza su certe dinamiche - che è uno dei motivi per cui Anna e io abbiamo scritto questo articolo.
Grazie dei tanti spunti giusti e interessanti in questo tuo commento, Elisa!
Ti ringrazio per la citazione e decisamente la questione social/scrittori è centrale - non per la nostra importanza specifica, ci mancherebbe, ma perché è lo specchio di una condizione generale che tocca moltissimi in modi diversi.
Secondo me l’idea “i numeri sono sinonimo di qualità” è sempre esistita negli spazi online, ma negli ultimi anni si è consolidata perché si è capito che con i numeri si guadagna. Che non sono, appunto, soltanto dei numeri. Questo è un problema. Abbiamo bisogno di nuovi spazi social, la domanda è: possiamo crearli, ora, nei luoghi che esistono già? Non lo so, non ancora almeno, ma una corretta gestione della rete è necessaria.
Purtroppo neanch’io credo che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Mi piacerebbe essere un po’ più positiva, ma per ora non riesco proprio: la direzione in cui stiamo andando non mi piace.
Questo commento mi tocca personalmente. Sono una giornalista e per continuare a seguire la mia passione, non avendo capitale economico a disposizione per fare il master né opportunità nel settore, mi sto muovendo sui social. Anche per me sono quasi l'unico mezzo che ho a disposizione al momento. Capisco perfettamente, perché l'ho vissuto sulla mia pelle, che cosa significhi sentirsi esclus* dal sistema. Non per questo, però, nego gli aspetti negativi dei social. Non posso negare quanto sui social il dibattito sia polarizzato e spesso finalizzato alla promozione di sé più che alla diffusione di consapevolezza e dibattito critico. Secondo te i social sono davvero spazi meritocratici? Instagram, X, Facebook e chi più ne ha più ne metta funzionano in base ad un algoritmo preciso. I contenuti che diventano virali non lo diventano - spesso, non sempre - per merito, ma perché provengono da qualcuno che conosce bene l'algoritmo e quindi sa destreggiarsi nello spazio online.
Il nostro pezzo punta a una riflessione, ci chiediamo: è possibile creare sui social spazi nuovi di dibattito?
Questo pezzo apre tantissime questioni di cui sarebbe bello parlare insieme, magari a voce, ma comunque unite (e di sicuro non su una diretta social 😅).
Condivido la frustrazione di fronte ai meccanismi dell'industria culturale. Proprio l'altro giorno ho sentito parlare una persona che lavora come ghostwriter e sono rimasta sbalordita nel sapere che certi romanzi scritti da influencer non sono farina del loro sacco. Lo so, forse sono molto ingenua, ma pensavo che il fenomeno si limitasse alle biografie, non anche ai lavori di creatività narrativa. 🙈
Detto questo, non ho al momento risposte su alternative agli spazi social che riescano anche a essere accessibili allo stesso modo - perché anche di questo bisogna parlare: l'importanza delle piattaforme nel mettere a disposizione spazi di conversazione accessibili, usabili anche da chi magari ha difficoltà a spostarsi in spazi collettivi fuori dagli schermi.
Il picco di consapevolezza e voci che si sta (ri)alzando in questo periodo mi accende una piccola fiammella di speranza, prima o poi ci sarà modo di far scoppiare questa bolla? Ci voglio credere.
Esatto, per me la parola "consapevolezza" è chiave. Non solo per le addette ai lavori, ma anche per chi consuma. Non sei assolutamente ingenua: anche io recentemente parlavo di ghostwriting con la editor con cui lavoro a un progetto (che fa anche la ghostwriter), e ho avuto la stessa reazione quando mi ha detto che anche tanti romanzi sono frutto di ghostwriting.
Se si riuscisse a creare più consapevolezza in chi consuma cultura - spesso persone che hanno a cuore la giustizia sociale, per usare un'espressione generica - delle logiche sottese al mercato, forse si riuscirebbe a portare la loro attenzione anche verso altri spazi più naturalmente dedicati allo sviluppo di certe espressioni del pensiero. Sottolineo "anche": non deve essere un gioco a somma zero con vincitori e vinti, ma un panorama in cui talento, vocazione e capacità sono allocate in maniera più "giusta".
E concordo: sarebbe bellissimo parlarne insieme!!!
È la sfida più importante, generare consapevolezza in chi consuma. Anche parlarne come state (stiamo) facendo è un passo importante.
Mi piace molto questa nuova piattaforma: dà più spazio e respiro per riflettere. L’articolo tocca molti punti interessanti e stimola una riflessione più ampia sui cambiamenti della società. In particolare, parlando di editoria (da fruitore), mi sono chiesta se i canali social delle case editrici siano gestiti da esperti in grado di valorizzare voci emergenti.
E se lo sono, cosa non funziona?
So che è difficile generalizzare, ma mi piacerebbe approfondire. Probabilmente una via di mezzo sarebbe una buona alternativa.
La decadenza, in un certo senso, riguarda un po’ tutti, persino gli intellettuali, che secondo me dovrebbero essere i primi a immaginare il futuro. Eppure, faticano a mettere in discussione le proprie idee e ad aprirsi al dibattito. Senza contare che, in alcuni contesti, il dibattito con i neoliberista (o fascisti) è complesso perchè tendono a giocare sporco, ignorando le regole del confronto.
Forse le mie idee appaiono un po’ confuse, ma credo che, nel nostro piccolo, dovremmo tutti assumerci la responsabilità delle nostre scelte, sia quando leggiamo un libro sia quando seguiamo giornalisti o altri contenuti sui vari canali. :)
Fa ridere che proprio ieri sera mi sono imbattuta nella quote “il capitalista ti venderebbe la corda con cui lo impiccherai” e il tuo incipit me l’ha fatta venire in mente.
Ciao ciao e buona giornata
Elisa
---
Spero che questa versione sia più piacevole da leggere! Fammi sapere se vuoi altri aggiustamenti. 😊
"Credo che, nel nostro piccolo, dovremmo tutti assumerci la responsabilità delle nostre scelte": proprio così!!! E perché possiamo tutti prendere scelte più responsabili, bisogna creare consapevolezza su certe dinamiche - che è uno dei motivi per cui Anna e io abbiamo scritto questo articolo.
Grazie dei tanti spunti giusti e interessanti in questo tuo commento, Elisa!
Ti ringrazio per la citazione, doppiamente gradita perché arrivata a sorpresa mentre leggevo con interesse. Ricostruire, ricostruire, ricostruire.
Sì, sì, sì! Grazie a te Eleonora, è sempre un piacere leggere la tua newsletter quando arriva. Riflessiva, utile e divertente.
ti ringrazio moltissimo, mi fa piacere!
Ti ringrazio per la citazione e decisamente la questione social/scrittori è centrale - non per la nostra importanza specifica, ci mancherebbe, ma perché è lo specchio di una condizione generale che tocca moltissimi in modi diversi.
Grazie a te, seguirò la tua newsletter con grande interesse!
molto interessante, ma me lo aspettavo
non d'accordo su tutto
ma non è un problema
un paio di cose
c'è già chi pensa che non siamo più in un tempo di capitalismo
che questa nuova forma non ha più alcune "regole fondamentali" del capitalismo
c'è chi parla già da un po' di feudalesimo (neo-f, tecno-f, f tecnologico, e così via)
nel caso, la questione non è solo terminologica
(ma non è questo lo spazio per discuterne)
altro spunto possibile
siamo sicuri che la rete
per il modo in cui si è sviluppata
sia "disponibile" a certi sviluppi
e non sia venuta connaturandosi al rapporto
"i numeri sono indice di qualità"
fin dal tempo delle ricerche su google?
io da un po' inseguo il pensiero
irrealizzabile
che UE fornisca un nuovo spazio social
che sarebbe per ciò stesso immune da certi problemi
(immagino e favoleggio io)
e che sarebbe un nuovo passo per
una cittadinanza che veda fra i suoi diritti fondamentali
anche una corretta gestione della rete
e del nostro profilarci in rete
senza che questo sia sinonimo stretto di
"profilazione commerciale"
Secondo me l’idea “i numeri sono sinonimo di qualità” è sempre esistita negli spazi online, ma negli ultimi anni si è consolidata perché si è capito che con i numeri si guadagna. Che non sono, appunto, soltanto dei numeri. Questo è un problema. Abbiamo bisogno di nuovi spazi social, la domanda è: possiamo crearli, ora, nei luoghi che esistono già? Non lo so, non ancora almeno, ma una corretta gestione della rete è necessaria.
“una corretta gestione della rete è necessaria”
d’accordo molto
ci stiamo muovendo in quel senso?
per quel che vedo, direi di no
Purtroppo neanch’io credo che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Mi piacerebbe essere un po’ più positiva, ma per ora non riesco proprio: la direzione in cui stiamo andando non mi piace.
Completamente d'accordo su tutto!
Questo commento mi tocca personalmente. Sono una giornalista e per continuare a seguire la mia passione, non avendo capitale economico a disposizione per fare il master né opportunità nel settore, mi sto muovendo sui social. Anche per me sono quasi l'unico mezzo che ho a disposizione al momento. Capisco perfettamente, perché l'ho vissuto sulla mia pelle, che cosa significhi sentirsi esclus* dal sistema. Non per questo, però, nego gli aspetti negativi dei social. Non posso negare quanto sui social il dibattito sia polarizzato e spesso finalizzato alla promozione di sé più che alla diffusione di consapevolezza e dibattito critico. Secondo te i social sono davvero spazi meritocratici? Instagram, X, Facebook e chi più ne ha più ne metta funzionano in base ad un algoritmo preciso. I contenuti che diventano virali non lo diventano - spesso, non sempre - per merito, ma perché provengono da qualcuno che conosce bene l'algoritmo e quindi sa destreggiarsi nello spazio online.
Il nostro pezzo punta a una riflessione, ci chiediamo: è possibile creare sui social spazi nuovi di dibattito?
Noi ci stiamo provando.
Grazie! Ricambio tutta la solidarietà e ti abbraccio.
Ps: se ti va di parlare di questo argomento, la mia newsletter è aperta.