Io provo molta delusione per questo referendum. Aldilà della disillusione della gente su cui ci sarebbe troppo da dire, c'è stato poco impegno sul far capire perché era importante votare, cosa non cambiava e poi forse il troppo l'accostamento a "se voti sei di sinistra" che ha allontanato le persone.
È verissimo, Silvia. Per tanti versi questo referendum è stata da parte della sinistra un’occasione “per contarsi”, senza sapere come contare nella vita del popolo che fa fatica a mobilitare. Purtroppo in questo momento storico sembra che le istanze non possano avere merito se non colorate politicamente: “la cittadinanza agli immigrati è di sinistra!” e invece no: la cittadinanza agli immigrati non è né di sinistra né di destra, è un diritto civile e umano. Ma è così difficile far passare questo messaggio.
Io capisco il malessere provocato dai risultati referendari, perché in parte sono stati anche i miei. Credo però che la risposta debba andare oltre la semplice lettura della mancanza di partecipazione da parte della classe politica. La questione è, forse, un po’ più profonda: riguarda la reale assenza di partecipazione alla vita politica (non solo istituzionale) da parte della popolazione.
C’è una carenza culturale nel costruire qualcosa collettivamente. Sempre meno collettivi, sempre meno associazioni, e un attivismo sociale sempre più “reattivo” anziché proattivo. Senza un’idea condivisa di società da costruire, diventa difficile portare avanti cambiamenti o miglioramenti, temo. Sempre che tutto non venga lasciato, come troppo spesso accade, nelle mani di “chi si occupa di politica”.
È qui che si crea il vero scollamento: tra l’istituzionale e il sociale.
Sono d'accordissimo, Victor, grazie del tuo commento! Senza "accusare" nessuno individualmente di maliziosa indifferenza, credo che esista un senso di indifferenza collettivo. E lo noto anche molto in relazione al Paese dove vivo, gli Stati Uniti: a prescindere da questi tempi con Trump, in generale a livello di popolazione c'è un maggiore interesse verso la politica.
In ogni caso credo anche che partecipazione della classe politica e della società vadano di pari passo e si alimentino a vicenda. La società ha bisogno di una classe politica in grado di ispirare alla partecipazione. Viceversa, la classe politica deve essere spronata dalla società a fare sempre meglio, osare sempre di più.
P.S. Dove vivo, vedo soprattutto una grande tendenza a organizzarsi per tutto a livello associativo. È una caratteristica che vedo mancare molto in Italia e che, a volte, penso potrebbe essere un buon punto di partenza per iniziare a cambiare qualcosa.
Grazie Anna, e figurati! Mi fa molto piacere che dici così, ma non posso comunque fare a meno di interrogarmi, perché mi sono resa conto che mi viene molto facile dire alle persone americane di non storcere il naso di fronte a chi vota per Trump, per poi provare tanto risentimento con l’equivalente italiano. Il tuo articolo mi ricorda di rimanere ancorata a certi valori.
Io provo molta delusione per questo referendum. Aldilà della disillusione della gente su cui ci sarebbe troppo da dire, c'è stato poco impegno sul far capire perché era importante votare, cosa non cambiava e poi forse il troppo l'accostamento a "se voti sei di sinistra" che ha allontanato le persone.
È verissimo, Silvia. Per tanti versi questo referendum è stata da parte della sinistra un’occasione “per contarsi”, senza sapere come contare nella vita del popolo che fa fatica a mobilitare. Purtroppo in questo momento storico sembra che le istanze non possano avere merito se non colorate politicamente: “la cittadinanza agli immigrati è di sinistra!” e invece no: la cittadinanza agli immigrati non è né di sinistra né di destra, è un diritto civile e umano. Ma è così difficile far passare questo messaggio.
Io capisco il malessere provocato dai risultati referendari, perché in parte sono stati anche i miei. Credo però che la risposta debba andare oltre la semplice lettura della mancanza di partecipazione da parte della classe politica. La questione è, forse, un po’ più profonda: riguarda la reale assenza di partecipazione alla vita politica (non solo istituzionale) da parte della popolazione.
C’è una carenza culturale nel costruire qualcosa collettivamente. Sempre meno collettivi, sempre meno associazioni, e un attivismo sociale sempre più “reattivo” anziché proattivo. Senza un’idea condivisa di società da costruire, diventa difficile portare avanti cambiamenti o miglioramenti, temo. Sempre che tutto non venga lasciato, come troppo spesso accade, nelle mani di “chi si occupa di politica”.
È qui che si crea il vero scollamento: tra l’istituzionale e il sociale.
Sono d'accordissimo, Victor, grazie del tuo commento! Senza "accusare" nessuno individualmente di maliziosa indifferenza, credo che esista un senso di indifferenza collettivo. E lo noto anche molto in relazione al Paese dove vivo, gli Stati Uniti: a prescindere da questi tempi con Trump, in generale a livello di popolazione c'è un maggiore interesse verso la politica.
In ogni caso credo anche che partecipazione della classe politica e della società vadano di pari passo e si alimentino a vicenda. La società ha bisogno di una classe politica in grado di ispirare alla partecipazione. Viceversa, la classe politica deve essere spronata dalla società a fare sempre meglio, osare sempre di più.
Condivido e sottoscrivo. Grazie!
P.S. Dove vivo, vedo soprattutto una grande tendenza a organizzarsi per tutto a livello associativo. È una caratteristica che vedo mancare molto in Italia e che, a volte, penso potrebbe essere un buon punto di partenza per iniziare a cambiare qualcosa.
Grazie per la cit, Enrica, i tuoi articoli sono sempre molto interessanti. Ps: sei l'ultima persona che definirei classista.
Grazie Anna, e figurati! Mi fa molto piacere che dici così, ma non posso comunque fare a meno di interrogarmi, perché mi sono resa conto che mi viene molto facile dire alle persone americane di non storcere il naso di fronte a chi vota per Trump, per poi provare tanto risentimento con l’equivalente italiano. Il tuo articolo mi ricorda di rimanere ancorata a certi valori.