Assicurazioni e assassini e assicurazioni assassine
Un amministratore delegato milionario muore ammazzato e il popolo esulta: cosa dobbiamo pensare?
Se non c’è virtù nel celebrare la morte di una persona, c’è tantissima dignità nella sofferenza di chi viene umiliatə da un sistema che celebra la disuguaglianza e l’ingiustizia.
Dopo giorni di ricerche a tappeto, è stato identificato e catturato l’uomo che all’alba di un mercoledì, nel cuore di Manhattan, ha ucciso con due colpi di pistola l’amministratore delegato di una grossa compagnia assicurativa statunitense, United Healthcare (con cui anche io ho avuto una polizza sanitaria per un anno, durante la scuola di giornalismo a Chicago1). Accusato di omicidio, contraffazione di documenti e possesso illegale di armi, l’uomo si chiama Luigi Mangione, e vaglielo a spiegare alle persone americane, il cui pensiero va subito all’idraulico di Super Mario, che in realtà Luigi è la parte più noiosa del nome.
Mangione ha 26 anni e proviene da una famiglia di estrazione sociale medio-alta del Maryland, liceo privato maschile (scelto tra gli studenti per tenere un discorso in sede di consegna dei diplomi) e università Ivy League (scienze informatiche). Da tempo soffriva di gravi problemi alla schiena — sul profilo X campeggia la foto di una radiografia che mostra quattro chiodi inseriti nella spina dorsale — il che, presumibilmente, lo aveva costretto a una scomoda intimità con tutto l’indecente e l’ingiusto e l’ignobile che c’è nel sistema sanitario statunitense.
Nell’ennesima allusione al capitalismo di questo fatto di cronaca, Mangione è stato fermato mentre… mangiava2 in un McDonald’s della Pennsylvania centrale. Sarà un lavoratore della catena di fast food per antonomasia a collezionare la ricompensa di $50.000 promessa dall’FBI a chi avesse fornito informazioni sul killer. In molti gridano alla spia, ma io non sono d’accordo, anzi: provo soddisfazione per questa mossa robinhoodiana del destino. Se i dati di Indeed sono corretti, la paga media di un lavoratore del McDonald’s nello stato della Pennsylvania è di una dozzina di dollari l’ora (sotto la soglia di povertà, negli Stati Uniti). Presumibilmente, la ricompensa dell’FBI ammonta a molto più di quanto questo lavoratore guadagna in un anno intero.
Per la vittima dell’omicidio in questione, Brian Thompson, $50.000 rappresentano invece lo 0,47% della retribuzione percepita nel 2023 tra stipendio, bonus e azioni (10,5 milioni di dollari).
I’m just going to leave this here, si dice da queste parti.
Se mi leggete da un po’, sapete che la violenza e la radicalità di certe espressioni di dissenso non mi corrispondono. Quando mi sono svegliata la mattina del 4 dicembre con la notizia dell’omicidio di Brian Thompson, istintivamente ho pensato subito alla vita di un uomo, padre, marito, figlio distrutta dalla solita, immancabile, profondissima piaga dell’ossessione americana per le armi da fuoco. Ho pensato alla famiglia di quest’uomo, ai saluti frettolosi precedenti l’illusione di un monotono viaggio d’affari a New York da cui non sarebbe più rientrato.
Ho anche immediatamente ipotizzato, e con me il resto del Paese, che il movente dovesse per forza avere a che fare con qualche torto assicurativo da parte di United Healthcare. L’intersezione delle armi da fuoco con il sistema sanitario privato: un caso studio è il titolo di questa tragedia tutta americana.
Poi, appunto, sono arrivati i meme. Rapidamente il mio inbox di Instagram ha iniziato a riempirsi di screenshot dei commenti sarcastici alla notizia sui social media. Tradurli in italiano circumnavigando la spiegazione del significato di certe parole ed espressioni nel contesto assicurativo sanitario americano è impossibile: ho deciso quindi di scrivere un secondo post, che vi arriverà domani, in cui illustro alcune nozioni di base.
È così che è subentrata la rabbia. Non per i commenti, no. I commenti sono geniali. La rabbia è salita per le ingiustizie strutturali che rendono il sarcasmo uno strumento necessario di resistenza di fronte alla sofferenza perpetrata dal capitalismo, dalla logica del profitto, dall’avidità bieca delle persone (diciamo la verità: uomini bianchi) per cui cinquantamila dollari sono solo lo 0,47% dello stipendio di un solo anno — figuriamoci del patrimonio complessivo netto!
Non è umano, né giusto “gioire” della morte di Brian Thompson. Su questo rimango inamovibile, senza paura di perdere la patente di progressismo perché ritengo che il rispetto per la vita altrui sia un valore fondamentale del progresso della società. Non è uccidendo e annullando e rifiutando il confronto a favore del sangue che si pretende, né tantomeno si ottiene, un cambiamento dal sistema.
Ma è proprio per tutte le manifestazioni dell’egoismo e della cattiveria umana rese possibili dal capitalismo e dall’avidità che Brian Thompson è morto. Perché Brian Thompson lavorava proprio per quel sistema lì e diventava sempre più ricco proprio grazie a quel sistema lì, e grazie alla sofferenza e alla morte altrui.
Con tutte le volte che United Healthcare ha negato la copertura o il rimborso di certe spese sanitarie, Brian Thompson ha ucciso milioni di persone — questo è il punto di vista di tantissime persone in questo momento, ed è un’affermazione che corrisponde alla verità. È esattamente così che è successo. Doveva perciò Brian Thompson pagare con la sua stessa vita? No. Ma per quanto mi riguarda, contenere la rabbia per la verità dell’affermazione di cui sopra è molto difficile.
Quel che è giusto, quindi, e necessario, è utilizzare questo fatto di cronaca per denunciare con tutti i mezzi a nostra disposizione le disuguaglianze create dal capitalismo, e lanciare un messaggio ben chiaro alle industrie che continuano a preferire l’avidità all’umanità. È letteralmente una questione di vita o di morte, per la società tutta.
Nell’esaminare la complessa configurazione morale di questo fatto, Jia Tolentino — una delle scrittrici statunitensi più brillanti della mia generazione — ha colto il punto in un articolo sul New Yorker dal titolo “Un uomo è stato ucciso a sangue freddo e tu ridi?”:
La soluzione non può essere l’indifferenza — non l’indifferenza alla morte dell’amministratore delegato, ma neanche alla sua celebrazione. Ma chi sarà il primo ad abbandonare l’indifferenza? A questo punto, non il popolo, che ha una vita intera di prove che agli amministratori delegati delle compagnie assicurative non importa nulla del loro benessere. Potranno gli amministratori delegati abbandonare la loro indifferenza alla sofferenza e alla morte delle persone normali? È possibile farlo e allo stesso tempo raggiungere profitti trimestrali da record per gli investitori, in eterno?3
Come sottolinea anche questo editoriale sul New York Times, c’è un estremismo nell’esaltazione dell’omicidio di Brian Thompson che ci deve far preoccupare. Non perché la gente è cattiva. Dobbiamo preoccuparci perché l’avidità che è l’essenza del capitalismo, e la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi che ne deriva, hanno portato la gente all’esasperazione. Se non c’è virtù nel celebrare la morte di una persona, c’è tantissima dignità nella sofferenza di chi viene continuamente umiliatə da un sistema che celebra e si nutre di disuguaglianza e ingiustizia.
Come dice Tolentino, non è al popolo che dobbiamo chiedere di far finta di nulla e piegarsi alle logiche del profitto e della vita per pochi, e della povertà e della morte per tuttə lə altrə. La sofferenza del popolo ha raggiunto il suo limite. Tocca a chi ne è responsabile prenderne atto, e rimboccarsi le maniche per lenirla.
Ci risentiamo domani per un Bignamino di assicurazione sanitaria negli Stati Uniti, così capite un po’ meglio perché ha senso parlare di sofferenza!
Non ho avuto occasione di usarla, fortunatamente oppure no (un controllo medico di routine è sempre una buona idea e l’assicurazione esiste anche per questo), quindi non ho recensioni in merito. L’acquisto della polizza tramite l’università, Northwestern University, era obbligatorio per studentə stranierə come me.
In italiano è dura resistere alla tentazione dei giochi di parole.
Traduzione dall’inglese della sottoscritta.
Sottoscrivo ogni parola, brava. Bellissimo articolo.