La retorica dei democratici americani sembra spesso suggerire che sia sufficiente scongiurare il ritorno di Trump alla Casa Bianca per risanare la ferita che ha portato alla sua ascesa
Concordo molto. Oltre al fatto che - generalizzo ma mi interessa osservare proprio la tendenza - è dai tempi di Obama che i Democratici non guardano più a una grande fetta del Paese. Si sono proprio staccati da un pezzo di America che non rispettano né considerano. Dicono di farlo, ma non lo fanno.
Grazie mille per essere passata di qui, Marta! Proprio così, e condivido in particolare quel "non rispettano". Il nodo cruciale sarebbe capire che "rispettare" non significa "scendere a compromessi". Si può rimanere saldi nei propri valori anche parlando a una certa parte del paese. Sospetto che la/il candidata/o che ci riuscirà sarà di quel genere "aspirational" a cui apparteneva Obama - di cui purtroppo di solito ne esce solo una/o per generazione.
ti ringrazio per la tua risposta. ma quanti sanno in america della campagna di Jill Stein per presidente? percentualmente…Fuori dagli Usa praticamente nessuno: potenza del giornalismo .
Non ti so dare percentuali (e non trovo info a riguardo) ma immagino che Stein sia piuttosto conosciuta tra gli elettori democratici e poco se non nulla tra quelli repubblicani. Hai ragione: il giornalismo estero dovrebbe parlarne per fare informazione adeguata. Ma non mi stupirebbe se neanche le redazioni di Repubblica e Corriere sapessero di Stein (brutta cosa)
Sicuramente mi identifico in tante delle sue proposte, e soprattutto sono d’accordo con la visione del mondo su cui sono basate: un sistema pubblico pensato per il benessere di tutto e non di pochi, infuso di solidarietà e considerazione nei confronti del prossimo e del pianeta. Il problema è che il bipartitismo americano è rigidissimo, inamovibile. Il che non significa che non è possibile immaginare un’alternativa alla Stein, anzi, ben venga, ma che il passaggio da immaginarla a realizzarla è complicatissimo — senza contare che tante delle proposte di Stein sono proprio incompatibili con le aspettative della società americana (mentre in Europa magari sono già realtà). Ora, cosa pensare se ci svegliamo il 6 novembre che Trump ha vinto e Stein ha ricevuto più voti da rifugiati democratici di quanti sarebbero serviti a Harris per vincere? Il sacrificio è valso a qualcosa? Sono in macchina con tre cittadini americani, tutti democratici, e ho chiesto a loro. La prima risposta è stata: “non mi voglio svegliare il 6 novembre”. La seconda: “no, assolutamente no”.
Concordo molto. Oltre al fatto che - generalizzo ma mi interessa osservare proprio la tendenza - è dai tempi di Obama che i Democratici non guardano più a una grande fetta del Paese. Si sono proprio staccati da un pezzo di America che non rispettano né considerano. Dicono di farlo, ma non lo fanno.
Grazie mille per essere passata di qui, Marta! Proprio così, e condivido in particolare quel "non rispettano". Il nodo cruciale sarebbe capire che "rispettare" non significa "scendere a compromessi". Si può rimanere saldi nei propri valori anche parlando a una certa parte del paese. Sospetto che la/il candidata/o che ci riuscirà sarà di quel genere "aspirational" a cui apparteneva Obama - di cui purtroppo di solito ne esce solo una/o per generazione.
ti ringrazio per la tua risposta. ma quanti sanno in america della campagna di Jill Stein per presidente? percentualmente…Fuori dagli Usa praticamente nessuno: potenza del giornalismo .
Non ti so dare percentuali (e non trovo info a riguardo) ma immagino che Stein sia piuttosto conosciuta tra gli elettori democratici e poco se non nulla tra quelli repubblicani. Hai ragione: il giornalismo estero dovrebbe parlarne per fare informazione adeguata. Ma non mi stupirebbe se neanche le redazioni di Repubblica e Corriere sapessero di Stein (brutta cosa)
Che ne pensi dei contenuti e della sfida di Jill Stein?
Sicuramente mi identifico in tante delle sue proposte, e soprattutto sono d’accordo con la visione del mondo su cui sono basate: un sistema pubblico pensato per il benessere di tutto e non di pochi, infuso di solidarietà e considerazione nei confronti del prossimo e del pianeta. Il problema è che il bipartitismo americano è rigidissimo, inamovibile. Il che non significa che non è possibile immaginare un’alternativa alla Stein, anzi, ben venga, ma che il passaggio da immaginarla a realizzarla è complicatissimo — senza contare che tante delle proposte di Stein sono proprio incompatibili con le aspettative della società americana (mentre in Europa magari sono già realtà). Ora, cosa pensare se ci svegliamo il 6 novembre che Trump ha vinto e Stein ha ricevuto più voti da rifugiati democratici di quanti sarebbero serviti a Harris per vincere? Il sacrificio è valso a qualcosa? Sono in macchina con tre cittadini americani, tutti democratici, e ho chiesto a loro. La prima risposta è stata: “non mi voglio svegliare il 6 novembre”. La seconda: “no, assolutamente no”.
Se l’argomento ti interessa ne parlerò insieme alla mia collega (che se fosse americana voterebbe per Stein) in uno dei primi episodi del nuovo podcast Americanate: https://open.spotify.com/show/77LOl4NctdvjDmYOdepOLn?si=v9oxpskvQvaRcyB-w1Br5Q