La “persona” al centro delle elezioni in Emilia-Romagna
La candidata civica appoggiata dal centro-destra era la mia preside alle medie e al liceo. Grazie al metodo di studio che vi ho imparato, ho tante domande per lei.
Mettere al centro la persona significa accettare che sia lei stessa a decidere della sua felicità, senza avere la presunzione di sapere o decidere che faccia ha questa felicità.
Sorpresa! Avevo detto che salvo imprevisti, la scorsa edizione sarebbe stata l’ultima prima di una breve pausa per la festa di Thanksgiving, che si celebra qui negli Stati Uniti questo giovedì 28 novembre. Poi è accaduto l’imprevisto: ho trovato le sfumature necessarie per parlare delle elezioni in Emilia-Romagna, la mia regione, risolvendo quello che sentivo come un piccolo conflitto di interessi.
Le elezioni si sono concluse da più di una settimana, l’argomento è ormai archiviato sui giornali, ma le domande che pongo in questa riflessione restano vere oggi e lo rimarranno anche in futuro.
Da cittadina non residente della Regione Emilia-Romagna, mi rallegro per la vittoria di Michele de Pascale, ex-sindaco di Ravenna, candidato del Partito Democratico. La sua elezione con poco meno del 57% dei suffragi conferma la lunga, ininterrotta tradizione di centro-sinistra della mia regione. Se avessi potuto votare — ma non ho potuto, perché alle elezioni comunali e regionali chi risiede all’estero deve trovarsi in Italia — avrei scelto de Pascale.
Il centro-destra quest’anno ha deciso di sostenere una candidata civica che si è presentata senza simboli di partito (forse strategicamente, vista l’allergia degli emiliani — meno dei romagnoli — al blu dei simboli destrorsi): Elena Ugolini, che è stata la preside delle scuole che ho frequentato a Bologna dal 2000 al 2008: tre anni di medie e cinque di liceo.
La vocazione di Ugolini alla missione educativa è innegabile. L’Ugolini, come la chiamiamo noi, è un’educatrice di un acume eccezionale, il cui talento si distingue soprattutto nell’innovazione, la ricerca e la sperimentazione continua di nuovi metodi, programmi e offerte formative. Spesso e volentieri, non è la maniera che io sceglierei per innovare la scuola italiana (non mi inoltro nell’argomento perché poi vado fuori tema), ma tutto si può dire della mia ex preside tranne che non brilli nel mestiere della scuola, e che non sia in grado di esercitare un fascino irresistibile su chi la aiuta a realizzarlo.
Sono profondamente grata per il metodo di studio che ho imparato nelle scuole medie e superiori dirette da Elena Ugolini.1 Devo loro tantissimo per la persona che sono diventata. Ho anche tante critiche, ma continuerò sempre, fino alla fine, a ringraziare il mio liceo per avermi insegnato il metodo dell’analisi: un atteggiamento di curiosità nei confronti della realtà che consente di non fermarsi in superficie, ma spinge ad andare a fondo per comprenderne il significato per la nostra vita, per la nostra crescita, per il mondo.
Il metodo dell’analisi mi accompagna quotidianamente, nella vita e nel lavoro. È lo strumento più prezioso a mia disposizione.
È qui che ho trovato la chiave per risolvere il conflitto di interessi che sentivo tra le critiche e le preoccupazioni che nutro rispetto alla proposta politica di Elena Ugolini, e il desiderio di non “schierarmi contro” vista la mia storia personale e il rapporto che ho con lei.
Se Ugolini dovesse leggere queste mie parole, non avrei problemi, perché la maniera di ragionare da cui derivano me l’hanno insegnata proprio le sue scuole. Credo che di questo sarebbe felice, e che coglierebbe volentieri la “sfida” contenuta nelle mie domande.
La campagna di Ugolini alle regionali è stata centrata sul concetto di “persona”. Per me non è stata assolutamente una sorpresa. La centralità della persona è un motivo ricorrente nelle iniziative di Ugolini. Ero alle medie, sarà stato il 2000 o il 2001, quando sulle pareti delle scuole da lei dirette sono comparsi dei pannelli blu su cui campeggiava in caratteri bianchi lo slogan Scuola di persona.

È un concetto potente, che mette al centro l’umanità, il desiderio e l’anelito alla felicità di ciascun individuo. Per centrare la persona, Ugolini ha adottato una strategia di “ascolto dei territori”: così ha chiamato il suo programma di incontri con le persone attraverso l’Emilia-Romagna.
La novità non è nel metodo: l’incontro tra candidatə e cittadinə è da sempre un elemento essenziale di qualsiasi campagna elettorale; ma è nel lessico: ascolto, aspirazioni, umanità, persona, declinati come nel programma di Ugolini, non sono vocabolario politico comune. Questa retorica è ispirata direttamente alla corrente di pensiero cattolico a cui Ugolini afferisce: il movimento di Comunione e Liberazione.2
Ed è qui, nell’incontro tra piattaforma politica di destra e dottrina cattolica, che un obiettivo nobile come “la persona al centro” inizia a perdere potenza e nobiltà.
Vorrei chiedere alla mia ex preside Ugolini:
Se una persona vuole effettuare una transizione di genere, può rimanere al centro?
A una persona che vuole interrompere una gravidanza, spetta comunque il riconoscimento dei suoi desideri?
Due persone dello stesso sesso che desiderano creare una famiglia, hanno diritto a veder abbracciata loro umanità?
E se queste stesse due persone dello stesso sesso aspirano alla genitorialità, sarà loro concesso di seguire l’anelito del loro cuore?
E se una persona ha bisogno di andare dallə psicologə? (Ugolini ha dichiarato di essere contraria a iniziative come colloqui psicologici gratuiti per adolescenti.)
Sospetto che in alcuni casi la risposta sarebbe “creiamo percorsi preventivi che aiutino la persona a non arrivare/dover ricorrere a una certa decisione”.
Ma questo non è mettere al centro la persona: è negarla. È negare il desiderio del suo cuore. È negarle la possibilità di essere felice.
Mettere al centro la persona significa accettare che sia lei stessa a decidere della sua felicità, senza avere la presunzione di sapere o addirittura decidere che faccia ha questa felicità.
“La persona al centro” incontra il suo limite nel momento in cui la politica o la religione pretendono di controllare la definizione di persona, per cui al centro ha diritto di rimanere solo chi — per pura arbitrarietà! — rientra in certi schemi prestabiliti di vita, famiglia, riproduzione, identità e orientamento sessuale, ecc. E questo è profondamente ingiusto. Perché non è giusto che solo ad alcunə di noi sia concesso di essere felici.
Lə più attentə tra di voi ci avranno già fatto caso, ma il metodo dell’ascolto adottato da Ugolini in campagna elettorale non è, nella forma, tanto diverso da quanto ho proposto nei miei commenti alle elezioni presidenziali statunitensi. Lo spirito è comune: parte dal presupposto che per formulare una visione vincente per governare un popolo è necessario partire da una posizione di interesse per l’umanità di tutta la comunità.
E certamente, se il mio spirito è questo, è stato plasmato anche dalle capacità analitiche che ho acquisito nelle scuole di Ugolini.
La differenza è nella sostanza: da una posizione di sinistra, un metodo di questo tipo non può, costitutivamente, escludere le istanze di una parte della popolazione perché deviano da una serie di dettami imposti dall’alto. A destra invece sì: è la mania della destra, impedire agli altri di essere felici.
Un paio di anni fa, mentre ero in Italia per Natale, sono andata a salutare alcuni ex professori del liceo. Nei corridoi ho incontrato anche Ugolini, che è stata felice di vedermi. Abbiamo chiacchierato e ci siamo scambiate i numeri di cellulare. Qualche mese fa, quando ho scoperto che si era candidata alla presidenza della regione, ho avuto la tentazione di scriverle un messaggio per chiederle un confronto sano e ragionato sulle domande di cui sopra. Poi non l’ho fatto, forse per paura di causare fraintendimenti.
Non sono d’accordo con chi mi direbbe: ma cosa vai a chiedere a una ciellina se metterebbe al centro del suo programma politico una persona che vuole effettuare una transizione di genere; la risposta la sai già, e non c’è modo di ragionarci o far loro cambiare idea.
È vero fino a un certo punto. L’obiettivo non è far cambiare idea (magari, e se succede bene, ma non è mai un’aspettativa ragionevole). L’obiettivo è sgranchire le capacità analitiche che ho imparato al liceo da Ugolini, riflettendo a partire da quello spirito comune, con un linguaggio condiviso di fronte al quale, davvero, non capisco come si possa rimanere immobili nelle proprie convinzioni:
Perché la centralità della persona è condizionale solo se risponde a una definizione da voi arbitrariamente decisa? Perché il desiderio del cuore di alcune persone non ha diritto di realizzazione e deve essere soffocato?
Perché, spiegatemi, perché non volete che alcune persone siano felici?
E sono grata per le amiche che vi ho trovato e che ancora sono parte della mia vita! Le medie sono state terribili, ma al liceo mi sono divertita tantissimo e conservo dei ricordi speciali, a cui ancora oggi spesso ci abbandoniamo tra le risate.
Stranamente, la stampa ha sempre e solo parlato di Elena Ugolini come “vicina a” Comunione e Liberazione. No, no: ne fa parte, assolutamente. Mi sono chiesta se sia stata una strategia della sua campagna, quella di minimizzare il legame tra Ugolini e CL, perché “la candidata di CL” non è obiettivamente un posizionamento vincente.