Italia e patriarcato: collaborazione con Anna Menale
Il racconto delle interviste di strada sul tema della parità di genere che abbiamo condotto tra Napoli e Casoria
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di è uscito il pezzo che racconta le interviste sulla parità di genere che io e Anna abbiamo condotto a febbraio tra Napoli e Casoria, durante il mio viaggio-inchiesta sulla coscienza degli italiani su questo tema. Potete leggere il pezzo cliccando qui:Vi riporto un estratto, invitandovi comunque a leggere la versione completa:
Abbiamo intervistato venticinque persone: quindici uomini, otto donne e due ragazzi adolescenti. È un numero che di certo non ha valore statistico, ma offre interessanti spunti di riflessione ed è un assaggio dell’inchiesta complessiva. Le venticinque voci che abbiamo raccolto a Napoli esprimono infatti pensieri comuni al resto dell’Italia.
Innanzitutto, la maniera in cui le persone che abbiamo intervistato ragionano sulle questioni di genere è influenzata da forti stereotipi. È ancora molto diffusa l’idea che esistano caratteristiche universali che definiscono la donna rispetto all’uomo: grazie a un innato senso materno di protezione e a un maggiore interesse nell’aiutare gli altri, le donne avrebbero «una marcia in più»; gli uomini, invece, possiedono certi istinti che, in casi estremi, sfociano in forme di violenza.
Inoltre, tutti i nostri intervistati condannano derive violente come stupro e femminicidio, ma sembrano fermarsi alle parole. Nessuno, soprattutto nessun uomo, ritiene di poter fare qualcosa per contribuire al cambiamento di una società in cui le donne subiscono forme di oppressione in quanto donne. Nessuno si sente coinvolto. Nessuno ritiene che sia necessario mobilitarsi collettivamente, perché per tutti la violenza che può scaturire da presunti istinti maschili è dovuta a forme di infermità mentale limitate a certi individui “mostri”, invece che a una più generalizzata cultura che, per dirla come Gino Cecchettin al funerale della figlia Giulia, vittima di femminicidio, «svaluta la vita delle donne». Nessuno si sente responsabile di questa cultura, né si rende conto che tante piccole azioni quotidiane portano con sé una componente di svalutazione e discriminazione della donna.
Il tratto più interessante della nostra inchiesta, infatti, è emerso proprio dall'esperienza di piccole azioni quotidiane. Nei momenti in cui il nostro registratore era spento nella tasca della giacca, mentre nessuno attorno a noi sapeva che fossimo giornaliste in cerca di interviste sui temi della parità di genere – magari ci stavamo prendendo un caffè al bar o, appunto, aspettavamo l’autobus – siamo state vittime di catcalling o battute di natura sessuale.
Di fronte a due giornaliste con in mano un registratore, tutti si sono chiamati fuori e hanno attribuito la responsabilità a un generico «altro». Ma quando abbiamo smesso i panni delle croniste e siamo state “soltanto” donne, spesso sono arrivate le battute e il catcalling.
Allora ci chiediamo: perché non è mai responsabile nessuno, però succede sempre?
Ringrazio di cuore
per avermi accolta nella sua Napoli ed essere stata compagna fidata di avventure, guida per i vicoli di questa città meravigliosa, traduttrice di dialetto partenopeo per la polentona sottoscritta e, soprattutto, giornalista femminista impavida ed entusiasta, capace di fare sempre le domande giuste e dire sempre le cose vere, anche e soprattutto a chi non vorrebbe sentirle. Qui potete iscrivervi alla sua newsletter Femminismi!Se vi interessa sapere di più sul viaggio che mi ha portata anche a Napoli, potete leggere alcuni post precedenti:
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Alla prossima!
—Enrica