Dove il niente in realtà è tutto
Osservazioni dal breve viaggio di strada che ho compiuto questo weekend nel nord-ovest rurale di Oklahoma e Texas
In zone degli Stati Uniti come questa c’è un’immensa ricchezza di cose da vedere. Bisogna solo aprire gli occhi in una direzione diversa.
Per saltare il preambolo e arrivare al dunque, clicca qui. E comunque niente panico: il post è lungo solo perché contiene tante foto!
Come sa chi legge Anche una donna qui da un po’ tempo, la newsletter è nata come spazio di riflessione sulla parità di genere e la libertà della donna in Italia (analizzando in particolare tutti i modi e le maniere in cui questa libertà ci è spesso preclusa!). Da quest’estate, però, grazie anche al vostro input affermativo, ho iniziato a effettuare incursioni nella politica, società e cultura americana, cercando comunque di rimanere nei confini tematici della giustizia sociale.
Vivo negli Stati Uniti da quasi un decennio, ed è dai tempi delle mie prime riflessioni adolescenziali su chi sarei diventata da grande che “scrivere dell’America” figura a grandi caratteri sulla lista. Nella domanda di ammissione alla scuola di giornalismo negli Stati Uniti, scritta in inglese nell’autunno di dieci anni fa, dichiaravo che “il mio obiettivo professionale [come giornalista e scrittrice] è diventare un’esperta di affari italiani negli Stati Uniti, così come un’esperta di affari statunitensi in Italia. Inizialmente vorrei che la mia carriera fiorisse negli Stati Uniti; un giorno, però, mi piacerebbe riportare la mia prospettiva in Italia per scrivere di Stati Uniti sulle testate italiane”.
A guardare il mio curriculum oggi, si direbbe che l’obiettivo non è stato raggiunto. Ma il bello, e la salvezza, è che la dichiarazione professionale dei miei venticinque anni è scevra di riferimenti temporali: c’è scritto cosa, ma non c’è scritto quando. Sono decisamente ancora in tempo, senza contare che ho la fortuna di avere avuto una carriera finora soddisfacente. La storia è allergica ai se, ma da dove mi trovo ora vedo che i bellissimi anni passati a Google News senza scrivere per lavoro sono stati necessari affinché, oggi, possa scrivere per lavoro.
Vi racconto tutto questo un po’ perché magari qualcunə di voi ha bisogno di sentirsi dire che non è mai troppo tardi per niente :) Poi, per introdurre il pezzo di oggi, una raccolta di pensieri che ho condiviso in inglese sul mio account Instagram personale questo weekend durante un road trip in Oklahoma e Texas, e che riporto qui in italiano in maniera un po’ più strutturata.1
Infine, perché il mestiere della scrittura oggi passa anche tanto, tantissimo (mannaggialamiseriaccia) per la diffusione sfacciata di ciò che si scrive e la gentile richiesta a chi ci legge di condividere a sua volta quanto ha letto: se vi trovate valore, vi invito a premere il bottone qui sotto per far conoscere questa pubblicazione ad amiche e amici e parenti.
Così mi aiutereste non solo a raggiungere più persone, ma anche ad avvicinarmi sempre di più a quel desiderio professionale che inseguo da sempre, anche quando in passato credevo di averlo accantonato :) grazie di cuore!!!!
Sulla strada di un ottobre pre-elettorale
Questo weekend mi sono messa al volante da sola per raggiungere, in quasi sei ore di viaggio, gli angoli di Oklahoma e Texas più vicini al Colorado, dove vivo.
Sogno di visitare tutti i cinquanta stati, tanto che in passato mi ero prefissata obiettivi ossessivo-compulsivi quali “tutti e 50 entro i 35 (anni)”. Due mesi fa, al compimento dei 35 anni, il conto degli stati era fermo a 41. E va bene così, anzi! Devo liberarmi dalla fissa per il raggiungimento di traguardi (spesso numerici) del tutto arbitrari, che spesso rischiano di allontanarmi dall’attenzione per il momento presente e dal senso vero di prendere parte a un’esperienza.
Mentre guidavo, mi sono resa conto che per una combinazione del tutto fortuita di eventi, ho intrapreso un road trip nell’ottobre precedente a tutte e tre le ultime elezioni presidenziali.
Nell’ottobre 2016 (candidatə alla presidenza: Hillary Clinton e Donald Trump), mi sono trasferita da Chicago a Boston guidando un piccolo camion per traslochi, partendo dall’Illinois e attraversando Indiana, Ohio, Pennsylvania e New York per giungere a destinazione in Massachusetts.
Nell’ottobre 2020 (candidati alla presidenza: Joe Biden e Donald Trump), io e il mio compagno abbiamo passato un mese di lavoro da casa pandemico a Colorado Springs. Partiti da casa dei suoi genitori in Virginia con meta in Colorado, siamo passati per West Virginia, Kentucky, Missouri e Kansas.
Nell’ottobre 2024 (candidatə alla presidenza: Kamala Harris e Donald Trump), appunto, mi sono mossa dal Colorado per arrivare in Oklahoma, nel suo cosiddetto “manico della padella” (panhandle, perché la forma dell’Oklahoma ricorda una padella; io sono stata nella striscina che ne sarebbe il manico), e in Texas. Al ritorno ho fatto anche un breve tragitto in New Mexico, dove ero già stata nell’ottobre 2022 (giuro che non lo faccio apposta, con ottobre).
2016, 2020, 2024: otto anni, due decadi diverse, tre diverse stagioni di vita, tre diversi veicoli, origini e destinazioni. Una sola costante: i cartelli sparsi ovunque sulla strada che inneggiano a Donald Trump, come dimostrato anche dal nome del candidato che segue la congiunzione in tutti e tre i paragrafi precedenti.
I manifesti per Donald Trump c’erano nel 2016. C’erano nel 2020. Ci sono nel 2024. Come ho ipotizzato qui, ci saranno anche nel 2028 se il 5 novembre vince Kamala Harris, ma nei prossimi quattro anni il Partito Democratico non trova un modo di unirsi intorno a un’alternativa attraente, un progetto vero e irresistibile per il paese che non si fermi all’obiettivo elettorale di sconfiggere Donald Trump.
Leggete gli endorsement a Kamala Harris del New York Times e del New Yorker: un buon 60-70% del testo è dedicato a Donald Trump, e a Harris va tiepidamente quel che rimane. L’ho trovata una scelta editoriale discutibile; d’altra parte, i Democratici stanno facendo poco per riempire le pagine dei giornali di dettagli su una nuova visione per il popolo americano.
Americanate
Durante questi viaggi riesco sempre a capitare in posti che soddisfano perfettamente tutte le mie (nostre) fantasie più selvagge sulla definizione di “super americano”.
Non serve nessun talento particolare, in realtà: basta perdersi per le lunghe, lunghissime, infinite strade costeggiate da distese di campi di grano dorato e steppe e praterie sotto un cielo sterminato che il più delle volte, nel secco e soleggiato Colorado (attenzione: sole non sempre significa caldo), è azzurro; questo weekend invece il cielo era grigio a causa di un’insolita pioggia forte e incessante.2 Ogni tanto — ogni tanto tanto! L’imperativo è fare il pieno di benzina ogniqualvolta si presenta l’occasione — all’orizzonte del grande cielo si staglia un piccolo centro abitato. Lì, di solito, si trova almeno un posto super americano per soddisfare la nostra immaginazione.
Colgo l’occasione per annunciare l’uscita del secondo episodio — il primo vero di sostanza! — di Americanate, il podcast in cui Elide Pantoli e io raccontiamo e commentiamo gli Stati Uniti dalla prospettiva di due giovani italiane che qui vivono da tanti anni. Ascoltate, aggiungete alla libreria, seguiteci e fateci sapere che ne pensate!
Mini disastro
Per rimanere in tema di “super americano”, ecco il motel a Boise City, Oklahoma, dove ho dormito l’unica notte di viaggio:
In realtà avrei dovuto alloggiare qui, una specie di ranch sperduto in mezzo ai campi che prometteva di regalarmi un’esperienza unica e indimenticabile. Ma dopo una giornata passata a evitare le strade sterrate dove Google Maps continuava a volermi infilare, visto il rischio stratosferico di rimanere impantanata con la Mini dopo tutta la pioggia che era caduta, non c’era modo di evitare la strada sterrata per arrivare a questo alloggio.
Dolcemente, in prima, ho imboccato il tragitto. Sono bastati un paio di metri perché la Mini iniziasse a sgusciare — i primi due metri dei millecinquecento che mi separavano dalla meta. La proprietaria del ranch, per telefono, mi ha gentilmente incoraggiato a dare priorità alla mia sicurezza :)
Il Longhorn Motel di Boise City è stato comunque perfetto per soddisfare la fantasia, vero? Verissimo, in tutta la sua umiltà, il suo carattere spartano, la sua povertà (in senso lato), che lasciatemelo dire, fa anche venire un po’ il magone.3
Ma la scoperta dell’America passa anche, e forse soprattutto, per questo.
Il diner da domenica del villaggio
Diner è una di quelle parole inglesi che non rientrano nella mia visione di un italiano meno contaminato da anglicismi. Di buon grado mantengo diner in italiano, un po’ perché il concetto di ristorante a gestione familiare dove si consumano pasti abbondanti di quelli che attribuiamo alla tradizione americana è ben conosciuto in Italia, principalmente sdoganato da Hollywood. Un po’ perché il concetto è tipicamente americano, come la trattoria/osteria è tipicamente italiana e il bistrot è tipicamente francese. Diner, trattoria e bistrot evocano campi semantici molto simili nelle rispettive culture, e la strategia traduttiva dell’estraniazione sembra la più appropriata.
Domenica mattina, il Farmhouse Diner di Boise City mi ha regalato un’esperienza speciale. E pensare che non ero sicura di fermarmi lì per colazione, perché volevo mettermi in strada al più presto. È pazzesca, la maniera in cui una serie di congiunture spazio-temporali si intersecano per portare singoli individui tra loro diversi nello stesso posto, nello stesso momento. Viste le direzioni radicalmente dissimili delle nostre vite — io donna di città progressista professionista italiana ecc., loro agricoltori e contadini che appartengono al mondo rurale e conservatore americano — è difficile pensare che senza l’intervento di un fortuito allineamento astrale avrei incontrato questo gruppo di residenti di Boise City:
Era impossibile che il mio arrivo passasse inosservato. Infatti, ci è voluto esattamente un minuto perché uno degli uomini presenti mi prendesse bonariamente in mezzo, invitandomi a spostarmi in un tavolo più vicino e assorbendomi nelle conversazioni.
Ho cercato di limitarmi all’elemento umano senza entrare nel politico, ma è proprio lì che la conversazione è virata mentre pagavo prima di congedarmi.
In questa zona della contea di Cimarron, Oklahoma, risiede un solo democratico della cui esistenza è dato sapersi. È l’uomo col cappello nero da cowboy, ritratto nella foto qui sopra mentre infila la forchetta in bocca (io e le mie invasioni di privacy!). Il suo presunto orientamento politico mi è stato rivelato quando se n’era già andato, quindi non ho potuto verificarne la veridicità.
“Se sei democratico, da queste parti, non lo vuoi dire”, mi ha spiegato un uomo affabile che scherzando ha detto di chiamarsi Bob perché sente di avere la faccia da Bob (è vero). “So che lui si è registrato come democratico, poi non so se veramente vota per i democratici”.
“No, non lo fa!” ha urlato da un tavolo dall’altra parte della sala un’anziana donna mingherlina che fino a questo momento era rimasta in silenzio, anche perché era seduta dandoci le spalle (e sempre dandoci le spalle, mentre mangiava, è intervenuta nella conversazione).
Poi il sedicente Bob mi ha detto che alla luce di come i democratici, secondo lui, hanno ridotto il paese, Trump è l’unica scelta possibile a novembre. Kamala (pronunciato erroneamente con l’accento sulla seconda sillaba) Harris non può portare nulla di buono. Con una punta di orgoglio, “Bob” ha ricordato che nel 2020 tutte le 77 contee dell’Oklahoma sono state vinte da Donald Trump.
Infine, “Bob” ha rimarcato che dove vivo io in Colorado, a Boulder, è una zona di forte orientamento democratico. Ridendo, ha commentato che di questo passo, “finiranno come la California!”
Il niente che ti sembra di vedere in realtà è tutto
L’opinione diffusa sulle Grandi Pianure (anche tra chi ci vive, come ho appreso dalle chiacchiere al diner) è che non offrono assolutamente nulla da vedere nel senso tradizionale del termine.
Effettivamente, non nego di aver avuto dei momenti questo weekend in cui mi interrogavo su come caspita potevo passare il mio tempo oltre a guidare senza meta da nord a sud del “manico di padella” (ci vuol poco: sono solo 55 chilometri), per poi superare il confine con il Texas e ritrovarmi lungo gli stessi monotoni rettilinei di asfalto costeggiati da distese di campi gialli sotto il cielo sterminato. Stranamente, non ho neanche trovato un bar per bermi una birra chiacchierando con i vicini di bancone!
In realtà, in zone degli Stati Uniti come questa (non solo in Oklahoma e Texas), c’è un’immensa ricchezza di cose da vedere. Bisogna solo aprire gli occhi in una direzione diversa.
Ci sono cittadine semideserte dove lotti liberi e cadaveri di defunti esercizi commerciali — muri scrostati, assi di legno che sbarrano porte e finestre — superano di gran lunga in numero supermercati, scuole, ristoranti che offrono una qualche sembianza di cibo nutriente e salutare.
C’è l’onnipresente Dollar General, che quando in zona c’è il Dollar General ci sono anche povertà e mancanza di risorse e sfruttamento di chi ne è vittima.
Ci sono negozi con insegne sbilenche anni 50-60 dove vintage non è una scelta di design, ma assenza di innovazione e incentivi per promuoverla.
Fuori dai centri abitati, ranch e fattorie sono lo sbocco silenzioso di lunghe strade sterrate numerate. Nei centri abitati, le case mobili (trailer homes o semplicemente trailers) si avvicendano con umili e fragili abitazioni a un solo piano (“cos’è la ricchezza? Avere le scale in casa”, ho letto da qualche parte poco tempo fa: negli Stati Uniti, le scale portano ai piani superiori di case grandi e confortevoli).
Un numero spropositato di pick-up truck costellano le piccole strade residenziali, alcuni in servizio, tanti altri in attesa di essere smontati in parti e rottami da vendere per denaro.
In un giorno di pioggia ogni tanto nell’intervallo tra le nuvole grigie e i campi dorati fa timidamente capolino una sottile striscia di cielo azzurro.
È uno spettacolo unico.
È molto più semplice, e crea meno disagio, non vedere niente di tutto ciò. Ma a chi decide di vedere si manifesta una bellezza che è fuori dai canoni e non per questo è meno bellezza.
La bellezza della dignità e della compostezza degli spazi e delle persone.
La bellezza di abbandonare l’immaginazione a fantasticare sulle vite che giorno dopo giorno si svolgono dentro alle case mobili, alle abitazioni umili e fragili e basse, al numero spropositato di pick-up truck.
La bellezza e la vertigine di provare a toccare la misura della differenza tra queste vite e la tua — e poi il brivido, e la malinconia, di rendersi conto che continueremo a inseguire i nostri rispettivi destini su rette parallele che non si incontrano mai.
E quel cielo enorme! Big Sky, lo chiamano, con la promessa di libertà e opportunità e abbondanza che accompagna il mito del West americano. Il Big Sky non smetterà mai di suscitare una sensazione infinita di stupore nel mio cuore. Lo vedrei e lo rivedrei e lo rivedrei più e più volte molto più di quanto vedrei e rivedrei tanti monumenti e luoghi “da vedere” nel senso tradizionale del termine.
Ho detto ai miei commensali del diner che perdermi così per queste strade, per posti come questi, mi arricchisce come persona e come scrittrice. Ne sono stati felici e orgogliosi.
Chiedo scusa ad amiche e amici che hanno già letto su Instagram!
La congiuntura climatica mi ha infastidito alquanto: non piove mai, per la miseria, deve proprio piovere il weekend che sono per strada (e dire che al governo ci sono i democratici!)? Poi una notifica della Repubblica ha illuminato lo schermo del cellulare: il sindaco Matteo Lepore aveva appena dato ordine al mio popolo bolognese di rimanere in casa e non mettersi in macchina a causa dell’alluvione. Ho così ridiretto il fastidio dalla nuvoletta sopra di me ai mutamenti inesorabili che l’umano disinteresse sta causando al clima. A Bologna sono nata e ho vissuto i primi 25 anni della mia vita: un’acqua così non si è mai vista. In famiglia, per fortuna, persone e cose stanno bene. Ma non è normale, non è normale, non è normale.
Parliamo comunque di 78 dollari per dormire una notte in un paesino di mille abitanti privo di particolari attrattive. Ora, immaginatevi i costi nei posti dove le attrattive esistono.